Superati i 2000 streaming per Piccolo Acrobata su YouTube

Pur non avendo alle spalle grossi gruppi editoriali, e basandosi sulla sola distribuzione online e sul passaparola di chi lo ha ascoltato, #ognicoloremiparladiTe continua a diffondere le sue note e le sue parole.

Festeggiamo oggi le oltre 2000 visualizzazioni sulla sola piattaforma Youtube di Piccolo Acrobata 🙂

Ricordiamo a chi volesse acquistare la copia del disco, per ascoltarla in locale sui propri dispositivi senza necessità di connessione in streaming, che lo si può trovare in tutti i maggiori stores digitali, tra cui in particolare:

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Abbassiamo il volume… per metterci in ascolto

Lasciamo per un attimo da parte le nostre canzoni e ci affidiamo alle parole di don Tonino Bello per quest’inizio del tempo di quaresima.

Cenere in testa e acqua sui piedi.

Una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa. Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.

Pentimento e servizio. Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole. Non c’è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito. Queste, invece, no: perché espresse con i simboli, che parlano un “linguaggio a lunga conservazione”.

papa2bfrancesco2briceve_ceneri_ansaÈ difficile, per esempio, sottrarsi all’urto di quella cenere. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta: “Convertiti e credi al Vangelo”. Peccato che non tutti conoscono la rubrica del messale, secondo cui le ceneri debbono essere ricavate dai rami d’ulivo benedetti nell’ultima domenica delle palme. Se no, le allusioni all’impegno per la pace, all’accoglienza del Cristo, al riconoscimento della sua unica signoria, alla speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo, diverrebbero itinerari ben più concreti di un cammino di conversione. Quello “shampoo alla cenere”, comunque, rimane impresso per sempre: ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente, sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato.

Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell’acqua nel catino. È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini, l’abbiamo “udita con gli occhi”, pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente. Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benché articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l’offertorio di un piede, il levarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio.

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Una predica strana. Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana, è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate.

Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell’attesa di Cristo? “Una tantum” per la sera dei paradossi, o prontuario plastico per le nostre scelte quotidiane? Potenza evocatrice dei segni!

Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua.

La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnerne l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare… sui piedi degli altri.

Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.

Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.
Un grande augurio.

Intervista su Primaradio.it

In occasione della festa di don Bosco, Primaradio.it, emittente salesiana del Piemonte, ci ha dedicato un’intervista che qui potete ascoltare in podcast

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in caso di problemi con il player potete accedere anche da questo link. Nella sezione podcast del 31 gennaio segnaliamo anche le interviste ad altri ospiti – davvero illustri – come il Card. Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, Arcivescovo salesiano di Tegucigalpa e Coordinatore del Consiglio dei Cardinali di Papa Francesco e don Francesco Cereda, vicario del Rettor Maggiore dei Salesiani.

Decimo giorno – Tu sei

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Ultima tappa del nostro viaggio per conoscere meglio don Bosco e prepararci alla sua festa. Abbiamo iniziato dal sentirsi amati da Dio, che Giovannino vedeva nella natura e nelle cose che lo circondavano e terminiamo tornando a parlare di Dio con la canzone Tu sei.

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Tu sei è una preghiera, è il dialogo costante di don Bosco con Dio, proprio come San Paolo indicava ai Tessalonicesi di fare per compiere la volontà di Dio.

 

 

Dalla Prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi (1 Tes 5, 16-19)

Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.

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Ma don Bosco quando pregava? Questa domanda fu posta in particolare in occasione del suo processo di canonizzazione. Si dice che papa Pio XI rispose che ci si sarebbe dovuti chiedere, piuttosto, quando non pregava Don Bosco. Don Bosco spesso è etichettato come il santo della gioia, dell’allegria, non come quello della preghiera, ma la sorgente di questa gioia si trova proprio in una straordinaria unione con Dio. Una frequentazione continua e quotidiana, non in un’ascesi mistica isolata dal mondo come ci immaginiamo comunemente un uomo di preghiera, ma attraverso il lavoro incessante ed instancabile per i suoi giovani. Non a caso per lui è stato coniato il termine “contempla-azione“. Egli stesso raccomandava ai suoi ragazzi la frequente confessione e comunione come fonte di questa intimità e familiarità con Dio. 

Domani è la sua festa e il regalo più bello è quello che gli fece Domenico Savio, chiedendogli di aiutarlo a farsi santo. Se vogliamo essere come lui, allora, lasciamoci aiutare perché possiamo essere anche noi dei santi nel quotidiano, facendo l’ordinario in modo straordinario e mettendo tutto nelle mani di Dio.

Nono giorno – Cambio passo

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Oggi è domenica e in tutti gli oratori del mondo si festeggerà don Bosco, la cui festa liturgica è dopodomani, 31 gennaio. La canzone che oggi ci accompagna nel nostro percorso è Cambio passo.

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E’ una canzone che racconta del percorso alla ricerca di senso. Gesù stesso, nel Vangelo di Giovanni, ci indica in sé la via.


Dal Vangelo di Giovanni (Gv 14, 1-7)

Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: «Vado a prepararvi un posto»? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

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Questa canzone è una verifica in itinere, un fare il punto della situazione. Don Bosco, da eccezionale educatore qual era, ogni mese proponeva ai suoi ragazzi gli “esercizi della buona morte“, un ritiro, una “stazione di rifornimento“, per fermarsi e chiedersi: se il Signore mi chiamasse a Sé improvvisamente, mi troverebbe preparato? Sto vivendo secondo il Suo consiglio e seguendo la Sua via? Non ci spaventi il nome, potremmo chiamarli oggi  “esercizi della buona vita”, visto che si tratta di guardare a come stiamo usando il dono della nostra vita.

Don Bosco, come ai suoi ragazzi, ci insegna che è necessario fermarsi, di tanto in tanto, per capire se tutto quello che facciamo, in cui mettiamo le nostre energie, quello per cui ci angustiamo, abbia un senso. E’ necessario  guardare in faccia il futuro e lasciarci prendere dal Signore, abbandonarci nelle Sue mani, per ripartire cambiando passo, alimentati dallo Spirito e forti di essere radicati nel Signore che dà il senso a tutte le cose.

 

 

Ottavo giorno – Scarpe buone

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Questa tappa, una delle ultime ormai, nel nostro percorso di preparazione alla festa di don Bosco, ci vede alle prese con una canzone volutamente difficile e faticosa nella sua struttura, Scarpe buone.

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Scarpe buone è ispirata al sogno di don Bosco del pergolato di rose, che riassume le difficoltà del suo donarsi ai giovani, fino – certe volte – a rimanere solo.

Dal Vangelo di Marco (Mc 14, 32-40)

Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli.


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Molto spesso si pensa che avere a che fare con i giovani sia tutto rose e fiori, che la bellezza della gioventù colori ogni cosa e azzeri ogni difficoltà. Difficoltà che invece non mancano: nel comunicare, nell’accedere al loro universo, nel conquistare la loro fiducia, nell’essere presenza costante, nel non ricevere i risultati sperati, nelle incomprensioni con i compagni di viaggio… Anche don Bosco ha vissuto questi problemi ed anch’egli ha dovuto superare momenti difficili, in cui tanti che si erano avvicinati alla sua opera affascinati dall’entusiasmo, di fronte alle spine che le rose nascondono, si sono tirati indietro.

Anche nella nostra esperienza, l’entusiasmo e la carica possono spegnersi di fronte agli ostacoli che inevitabilmente ci troviamo ad affrontare. Siamo così portati ad abbandonare tutto, e rifugiarci in luoghi sicuri, lontani dalle sfide delle relazioni autentiche e libere, del dono di sé all’altro. Don Bosco ha tenuto duro e ha superato questi ostacoli anche quando sembrava che tutti volessero abbandonarlo e che ogni peso gravasse sulle sue sole spalle. Come lui, proviamo a raffinare le nostre motivazioni tenendo fisso lo sguardo in Gesù, consapevoli che condivide con noi ogni nostra croce e certi che non ci abbandona mai.